lunedì 19 marzo 2018

#Gara 10 - Strasimeno

Prendi la Maratona, una delle corse obiettivo di centinaia di migliaia di runner amatoriali in tutto il mondo, che ogni anno si allenano, sudano e soffrono per conquistare la Regina. Aggiungici altri 16 chilometri di sofferenza, muscoli induriti e passo sempre più appesantito. Condisci il tutto con una pioggia sferzante, le cui gocce diventano vere e proprie punture di spillo grazie ad un forte vento gelido. Il tutto per circa 6 ore. Tutto questo è stata ieri la Strasimeno, una delle ultramaratona più importanti d'Italia che si corre lungo le rive del più grande lago del centro Italia.

Parto da Roma di buon'ora (sveglia alle 4) per percorrere in tranquillità i 200 chilometri che mi separano da Castiglione del Lago, punto di partenza della gara. Arrivo all'apertura del centro gara dove prendo il pettorale e il pacco gara (molto bella la maglietta e utilissimo lo zainetto da trail). Manca ancora un'ora e trenta al via, ne approfitto per prendere confidenza con il paese ed orientarmi un po'. Il cielo è nuvoloso e, in lontananza, nuvoloni minacciosi già preannunciano la pioggia che ci accompagnerà per tutta la giornata. Il tempo di salutare un compagno di squadra (mi ha riconosciuto dalla canottiera) e di prepararmi con barrette e maglietta termica e sono già sulla linea di partenza. Nel frattempo ha cominciato a piovere in maniera insistente,  rispettando alla perfezione le previsioni meteo da tregenda.



Alle 9.15 puntuali viene dato il via. Si parte tutti insieme, indipendetemente dal traguardo al quale si punta. Ecco quindi che le andature si adeguano ai chilometri che bisogna percorrere. Io provo a stabilizzarmi su una media intorno ai 5'15" al chilometro, la stessa che ho tenuto nella prima parte di gara della 6 ore di Pescara. La pioggia sul lungolago ora è davvero fastidiosa, il vento sferza i concorrenti mentre l'asfalto è completamente allagato. Non passano neanche 5 chilometri che mi trovo con i piedi completamente fradici e il mio pensiero va al fatto che devo fare ancora più di 50 chilometri in quelle condizioni. Però, mi ricordo anche che lo stesso successe a Roma lo scorso anno, e li da quel punto di vista non ebbi particolari problemi. E così sarà, in effetti, anche questa volta.



Il primo traguardo che incontriamo è quello dei 10 chilometri, a Borghetto, dove passo a 52'14" con un passo di 5'14"/Km. Mi sento bene, il fiato è spezzato e faccio attenzione a bere ad ogni ristoro. A questo proposito una piccola nota sui ristori che, in una giornata fredda e piovosa come quella di ieri, avevano solo acqua fredda e sali dal gusto indefinito. Solo in un paio di stop ho trovato il tè caldo, troppo poco! Subito dopo i 10 chilometri c'è una delle asperità di giornata, una salita impegnativa di circa 1 chilometro che riesco ad affrontare piuttosto agevolmente, stando attento ad accorciare il passo per evitare indurimenti muscolari.




Il ritmo rallenta, la gara è ancora lunga e non posso rischiare di rimanere senza benzina. A Passignano c'è il traguardo della mezza maratona, che passo in 1 ora e 52 al passo di 5'21"/Km. Appena usciti dal paese arriva il momento peggiore: vento fortissimo con un acquazzone che mi inzuppa tutto da capo a piedi (comprese le mutande, si). e diversi chilometri percorsi al bordo di una strada molto trafficata dove bisognava stare attenti ad evitare macchine, buche piene d'acqua e pozzanghere sollevate da auto in corsa.



Per fortuna quest'anno il percorso è stato modificato rispetto all'anno scorso e sono stati introdotti lunghi tratti di sterrato che - sia pur allagato - è comunque meglio che correre su una strada col traffico aperto in entrambi i sensi di marcia. Tra scrosci di pioggia, sferzate di vento gelido e pit stop idraulici si attraversa la parte più bella del percorso, un sentiero proprio sulla riva del lago e lontano da auto e buche sull'asfalto. Il freddo rende molto difficoltoso anche solo prendere le barrette che mi sono imposto di mangiare ad intervalli ben precisi (ai chilometri 25, 35, e 50). Faccio fatica anche a muovere la mandibola ma alla fine riesco comunque a rifocillarmi a dovere. Anche nei ristori è il momento di mangiare qualcosa di solido, biscotti o banane che siano (questo passa il convento).



Arrivo al terzo traguardo, quello al chilometro 34 a San Feliciano, dopo poco più di 3 ore e 5 minuti di gara. Il passo si è inevitabilmente innalzato a 5'28" ma le gambe rispondono ancora bene, mentre il numero dei runners diminuisce in maniera evidente. In fila, lungo la strada verso S. Arcangelo, siamo pochi e ben distanziati l'uno dall'altro mentre addirittura il sole prova a fare capolino tra le nubi in uno dei rari momenti in cui la pioggia ci da un po' di tregua. Ma è solo un'illusione. Goccioline sempre più insistenti tornano presto a farsi sentire e non ci lasceranno più fino all'arrivo.

Sono passate 3 ore e 51 minuti quando taglio l'ultimo dei traguardi intermedi, quello della maratona. Dopo un abbondante ristoro (banana, addirittura bruschetta con olio e tè caldo) ci si rimette in marcia per l'ultimo tratto, quello con più incognite in termini di risposta del fisico. I quadricipiti cominciano a bruciare e provo a sciogliere le gambe con qualche allungo. Ancora un lungo tratto su pista ciclabile, ma per la maggiorparte ormai costeggiamo la strada che ci riporta verso il traguardo. Il castello di Castiglione si comincia a intravedere lontano sulla destra, mentre sull'asfalto l'indicazione dei chilometri sembra fatta da un sadico che si diverte a far durare ogni split sempre di più. L'ultimo ristoro volante è a 5 chilometri dal traguardo, oramai ci siamo. Un leggero dolore di stomaco mi indurrebbe a fermarmi per la pipì, ma alla fine provo a continuare, manca così poco.



Sono da poco passate le 2 del pomeriggio quando arrivo sul lungolago di Castiglione, ripassando sulla strada dalla quale siamo partiti; una curva e poi su per l'ultima salita che porta in paese. Si entra nelle mura per via Gramsci, la via principale che è una stupenda passerella per chi arriva, mentre le poche persone che si incontrano non mancano di farti sentire il proprio incitamento. Ecco che in lontananza compare l'arco dell'arrivo che si fa sempre più vicino. E'fatta! Chiudo in 5 ore 23 minuti e 45 secondi a 5'35"/Km di media. Ritiro la medaglia, soddisfattissimo di una gara che non mi sarei aspettato di chiudere così veloce (a Pescara i 60 chilometri li corsi a una media di 6 al chilometro). Ristoro veloce, cambio e via in macchina per tornare a casa il prima possibile.




In autostrada, con uno sguardo alla strada e uno agli arcobaleni che chilometro dopo chilometro si susseguono all'orizzonte (grazie ad un pallido sole che, beffardo, ha deciso di uscire nel pomeriggio) mentre i muscoli delle gambe si fanno sentire, ripercorro mentalmente la gara e le emozioni che riesce a trasmettermi. E mai come oggi ho ben presente come la corsa sia una metafora della vita con le difficoltà, gli ostacoli lungo il percorso, il bisogno di dar fondo a tutte le proprie forze per raggiungere la soddisfazione del traguardo. E sono profondamente grato a chi, sopra di me e vicino a me mi dà la possibilità di vivere queste esperienze.





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